La normativa buoni pasto vigente

Prima ancora di capire quale sia la normativa sui buoni pasto è necessario fornirne una definizione generale. I buoni pasto sono dei titoli di pagamento di un determinato importo che l'azienda riconosce ai propri dipendenti in sostituzione del servizio mensa.

Quali sono la normativa buoni pasto vigente

Prima ancora di capire quale sia la normativa sui buoni pasto è necessario fornirne una definizione generale. I buoni pasto sono dei titoli di pagamento di un determinato importo che l’azienda riconosce ai propri dipendenti in sostituzione del servizio mensa. Questi buoni possono essere consegnati al dipendente in formato cartaceo, elettronico o digitale, a seconda delle esigenze specifiche dell’azienda e del lavoratore e generalmente vengono distribuiti all’inizio o alla fine del mese. Le normative che disciplinano dal punto di vista fiscale i buoni pasto sono essenzialmente il Decreto ministeriale 7 giugno 2017, n. 122, l’art. 144 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Queste normative non solo definiscono la natura dei buoni pasto e le loro modalità di utilizzo, ma forniscono anche importanti linee guida per la loro deducibilità e il loro inquadramento nel panorama fiscale.

Quali soggetti possono beneficiare dei buoni pasto

Ma quali sono i soggetti che possono beneficiare dei buoni pasto? A differenza di quanto si possa pensare i buoni pasto non spettano solo ed esclusivamente ai lavoratori con contratto di subordinazione full time o part time, ma anche ad altre categorie di lavoratori, come ad esempio i lavoratori autonomi e i lavoratori in smart working. Non solo, i buoni pasto possono essere distribuiti anche a soggetti che hanno semplicemente in corso un contratto di collaborazione con l’azienda e quindi non fanno parte dei dipendenti della stessa. Bisogna quindi sottolineare che l’assegnazione dei buoni pasto non è vincolata né dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa né dall’orario di lavoro, motivo per cui i buoni pasto possono essere assegnati anche a dipendenti e lavoratori per i quali non è prevista la pausa pranzo. Nonostante ciò il datore di lavoro non ha nessun obbligo di fornire ai propri dipendenti e collaboratori i buoni pasto, la cui distribuzione dipende sostanzialmente dal contratto collettivo nazionale di categoria e dallo specifico contratto in essere tra datore di lavoro e dipendente. In linea di massima quindi i buoni pasto possono essere considerati dei veri e propri benefit che vengono offerti ai dipendenti da quelle società che possiedono uno specifico piano di welfare.

Gli esercizi che accettano i buoni pasto

L’articolo 144 del Decreto Legislativo n. 50 del 2016 e il Decreto ministeriale n. 122 del 2017 forniscono una lista di esercizi convenzionati che accettano i buoni pasto. Sono inclusi in questa lista in particolare tutti gli esercizi che somministrano alimenti e bevande, come ad esempio i bar, i ristoranti, le gastronomie e le rosticcerie. Anche gli esercizi che si occupano della vendita al dettaglio di prodotti alimentari sono inclusi, come nel caso dei supermercati e dei mercati. Negli ultimi anni poi questa lista ha visto l’ingresso anche dei soggetti legittimati alla vendita di prodotti alimentari propri, quali ad esempio gli agricoltori diretti, gli agriturismi e gli ittiturismi che si occupano della vendita di alimenti derivanti dalle attività agricole e di pesca. Una domanda che spesso si pone chi riceve dei buoni pasto è se questi possano essere utilizzati per fare la spesa. Fermo restando che i buoni pasto sono caratterizzati da un importo sufficiente per la sostituzione del tradizionale servizio mensa, e che quindi siano sufficienti per un pasto, è anche possibile utilizzarli per fare la spesa. Questo è dovuto soprattutto al fatto che siano cumulabili fino ad un massimo di 8, ma bisogna ricordare che possono essere utilizzati solo per l’acquisto di prodotti alimentari, quindi cibi e bevande.

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Quanti buoni pasto si possono utilizzare?

Se una volta l’utilizzo dei buoni pasto presso gli esercizi convenzionati era soggetto ad un limite di utilizzo, oggi la normativa buoni pasto e la maggior parte delle società che li emettono hanno introdotto il concetto di cumulabilità. Secondo l’art. 4, comma 1, D.M. n. 122/2017 infatti il dipendente può utilizzare un massimo di 8 buoni pasto; questo vuol dire che un buono pasto non è cumulabile oltre il limite di 8 buoni. È inoltre importante evidenziare come la cumulabilità dei buoni pasto non vada ad incidere sull’esenzione ai fini IRPEF, in quanto i buoni pasto continuano ad essere detassati fino a 4€ per i ticket in formato cartaceo e fino a 8€ per i ticket in formato elettronico o digitale. Un’ultima cosa che è necessario precisare è che il buono pasto è utilizzabile esclusivamente per l’intero valore faccile e che quindi non è possibile avere dei residui di valore utilizzabili per altri acquisti.

A chi spettano i buoni pasto

Abbiamo già fatto una breve panoramica sui soggetti che possono beneficiare dei buoni pasto, ma ora è arrivato il momento di scendere maggiormente nei dettagli. Come affermato in precedenza, i buoni pasto spettano a lavoratori subordinati in regime full time o part time, anche se l’orario di lavoro non prevede una pausa pranzo, ai lavoratori in regime di smart working e ai collaboratori aziendali. Si tratta inoltre di un benefit che può essere utilizzato anche da lavoratori autonomi, liberi professionisti e ditte individuali. L’introduzione dello smart working dovuto alla pandemia ha portato un gran numero di aziende a interrogarsi sulla validità dei buoni pasto e sulla loro distribuzione ai dipendenti. In realtà, nonostante la diffusione di questa modalità di lavoro a distanza, non è cambiato nulla in materia di buoni pasto. I buoni pasto infatti vengono riconosciuti anche ai lavoratori da remoto e rimangono valide sia le linee guida fiscali che le regole di cumulabilità normalmente applicate.

I buoni pasto possono essere ceduti o condivisi?

Tra i molti interrogativi che circondano i buoni pasto vi è la loro cedibilità e condivisione. Anche in questo caso viene in nostro aiuto la normativa buoni pasto e in particolare l’art. 4, D.M. n. 122/2017, il quale fissa alcune caratteristiche essenziali del buono pasto, come ad esempio il fatto che non possa essere ceduto ad altre persone, che non possa essere venduto o commercializzato, che non sia convertibile in denaro e soprattutto che possa essere utilizzato solo ed esclusivamente dal titolare. Come già detto inoltre i buoni pasto sono caratterizzati da un valore facciale ben preciso che deve essere utilizzato nella sua interezza e che non prevede residui di valore da utilizzare in un secondo momento. Questo vale ovviamente sia per i buoni pasto in formato cartaceo, che riportano appositamente uno spazio per la firma del titolare del buono, sia per quelli in formato elettronico o digitale, il cui impiego è vincolato a una carta dotata di chip oppure ad un’applicazione per dispositivi mobili.

Informazioni sulla soglia di esenzione dei buoni pasto

L’art. 51, comma 2, lett. c del TUIR ha visto un’importante revisione in occasione della Legge di Bilancio del 2020, soprattutto per quanto riguarda l’inquadramento fiscale dei buoni pasto. Le novità più interessanti introdotto sono state due: da un lato l’innalzamento del valore detassato da 7€ a 8€ dei buoni pasto elettronici e digitali e dall’altro l’abbassamento del valore detassato da 5.29€ a 4€ per i buoni pasto cartacei. Questa mossa ha come obiettivo principale quello di favorire la transazione dai buoni pasto cartacei, che comportano una maggiore spesa per le aziende in fase di acquisto, ai buoni pasto elettronici e digitali, più facili e versatili da utilizzare sia per l’azienda che per il lavoratore. Un’altra ragione che ha motivato questa scelta è il sostegno al reddito destinato all’alimentazione, che si attesta intorno a più di 800€ per i ticket cartacei e più di 1700€ per i ticket elettronici e digitali.

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